lunedì 4 giugno 2012

Le città mediali

Le infrastrutture che rendono possibili le relazioni non stanno nella città: sono la città. Esiste un’architettura dei sistemi di comunicazione che modella lo spazio urbano e descrive le sue condizioni di esistenza. Determinando le pratiche sociali, le forme di cittadinanza e le declinazioni dell’estetica.

Intorno all’urgenza di questi temi si svilupperà, dal 7 al 9 giugno, il seminario internazionale Media City: new spaces, new aesthetics, promosso dalla Triennale di Milano. Esperti di comunicazione, media, architettura e urbanistica si incontrano per provare a individuare le linee di trasformazione della città contemporanea e del futuro. Saranno ospiti “guru” internazionali come Henry Jenkins, architetti affermati come Kurt W. Forster, Mirko Zardini, Pierluigi Nicolin, giovani architetti di Yale, studiosi di media e contesti urbani come Vinzenz Hediger e Will Staw (responsabile del maggior laboratorio canadese su media e città), tecnologi come Alfonso Fuggetta, studiosi dell’organizzazione urbana come Giuliano Noci, studiosi di estetica come Mauro Carbone.

Il convegno è coordinato per la Triennale da Francesco Casetti, professore di cinema e media alla Yale University. Che in questo video si chiede: “cosa fanno i media alla città?” La rendono piú funzionale, piú attrattiva, piú sociale, piú bella, piú ampia, piú fluida. Ma anche piú complessa e difficile da decifrare.



“Come una Matrioska, i sotterranei del vivere collettivo sono l’esplorazione del presente”, scrive Luca Tremolada su Nòva introducendo la sua conversazione col professor Casetti. I media hanno sempre ridefinito l’ecologia dei sistemi umani, cosí come l’orizzonte delle abitudini individuali. Ma se i media novecenteschi plasmavano soprattutto lo spazio del pubblico o, come nel caso della televisione, risucchiavano nel pubblico lo spazio privato, i media digitali aboliscono ogni distinzione tra pubblico e privato. Aggredendo la nozione di centro i nuovi sistemi di comunicazione riconfigurano anche gli spazi urbani e le loro funzioni.

Le comunità che si creano in rete tendono a geolocalizzarsi secondo strategie inedite. Ma non per questo aboliscono il senso del territorio. Invece di escludersi a vicenda geografia virtuale e geografia fisica si compenetrano. L’interazione virtuale si prolunga nello spazio reale. Sifdando i progettisti a concepire luoghi capaci di rendere funzionale questa contaminazione di piani. “Un aspetto interessante – osserva Casetti – è che mentre la circolazione dei messaggi è globale, il loro impatto è locale.” Un tweet può permettere a una comunità di convocarsi in diretta in un punto del mondo, proprio mentre comunica al resto del mondo la realtà dell’incontro.
Come un nuova atmosfera “aumentata” la mediasfera fascia la città premendo sulle sue forme. Producendo estetiche e politiche. E ristrutturando il flusso economico, che sempre di piú integra la produzione di beni immateriali e valorizza la creatività.

La ricomposizione mediale della città disegna un articolato paesaggio di opportunità. Ma nasconde anche nelle proprie pieghe rischi ancora indefiniti e nuove categorie di problemi. Quali possono essere l’esasperazione delle tecniche di controllo, il livellamento delle differenze, le forme di esclusione legate ai ritardi tecnologici di alcune fasce della popolazione. Ritornando all’immagine della Matrioska: “le città rischiano di custodire sottomondi”, scollature tra i diversi livelli di fruizione, attività sotterranee che possono produrre smottamenti e pesanti ricadute nel reale. La sola possibile intelligenza della città sarà allora nella capacità di gestire attraverso soluzioni ingegnose la stratificazione complessa di opportunità e problemi.  

Nessun commento:

Posta un commento