La
giornata di studi su La Fabbrica al tempo di Adriano Olivetti, promossa
a Torino dalla Fondazione Bottari Lattes in collaborazione con la Fondazione
Olivetti, è una buona occasione per rivedere il video dell’intervento di Andrea
Granelli al covegno sui cento anni della Olivetti, organizzato a Milano nel
2008.
Andrea Granelli è nato nello stesso anno in cui
Olivetti è morto. E attraverso la sua esperienza prova a prolungare nel
presente le linee di forza del pensiero e del lavoro di Adriano Olivetti. Non
si tratta, afferma Granelli, di individuare le anticipazioni e le
prefigurazioni olivettiane dell’attualità, quanto di recuperare pratiche introdotte da Olivetti e spesso disinnescate dallo
sbiadire di una autentica cultura dell’impresa.
Olivetti
ha saputo pensare all’urbanistica nell’ottica della riqualificazione. La riattivazione dell’antico, la necessità di un
dialogo con il contesto storico, diventa un’opportunità per i progettisti e per
i tecnici di sperimentare soluzioni e
tecnologie. Secondo una declinazione concreta della responsabilità sociale
dell’impresa, che deve tornare prioritaria in un momento in cui le esigenze
della sostenibilità richiedono la capacità di progettare a “cubatura zero”.
Olivetti
ha concepito la comunicazione come
un momento decisivo del processo di innovazione, interpretato sempre come la
produzione di una discontinuità. Non
è possibile innovare senza raccontare il mutamento. Olivetti ha assorbito
all’interno dell’impresa risorse in grado di allestire una narrazione, di
costruire il mondo dell’utopia
olivettiana. Scrittori, artisti, architetti, grafici che hanno fatto
dell’estetica una funzione strutturale, superando la concezione ornamentale. Il
design olivettiano non riguarda soltanto la forma del prodotto: estende
l’elemento estetico alla cultura della
progettazione, integra nella funzione l’esigenza espressiva. Come ricorda
Sottsass, Olivetti chiede ai progettisti la ricerca di forme simboliche, non descrittive. Nel design si incontrano, e
trovano forme di conciliazione del loro conflitto permanente, l’aspetto
ingegneristico e quello comunicativo dell’impresa. La forma semplifica senza
banalizzare, ovvero comunica senza minacciare la funzionalità.
Olivetti
ha intuito la necessità di progettare
esperienze, anziché prodotti. Ha capito l’importanza delle interfacce, e
della loro tendenza a diventare ergonomiche, intercettando le esigenze degli
utenti e contribuendo a individuarli, offrendo a ognuno il segmento di “utilizzabilità”
di cui ha bisogno.
Ha
capito che proprio attraverso il suo potere individualizzante la tecnologia
avrebbe travolto le istituzioni sociali, e la politica stessa. Indicando però anche
il luogo e gli strumenti dai quali cominciare la ricostruzione della comunità.
Nessun commento:
Posta un commento