mercoledì 13 giugno 2012

La cultura del progetto


La giornata di studi su La Fabbrica al tempo di Adriano Olivetti, promossa a Torino dalla Fondazione Bottari Lattes in collaborazione con la Fondazione Olivetti, è una buona occasione per rivedere il video dell’intervento di Andrea Granelli al covegno sui cento anni della Olivetti, organizzato a Milano nel 2008.

Andrea Granelli è nato nello stesso anno in cui Olivetti è morto. E attraverso la sua esperienza prova a prolungare nel presente le linee di forza del pensiero e del lavoro di Adriano Olivetti. Non si tratta, afferma Granelli, di individuare le anticipazioni e le prefigurazioni olivettiane dell’attualità, quanto di recuperare pratiche introdotte da Olivetti e spesso disinnescate dallo sbiadire di una autentica cultura dell’impresa.


Olivetti ha saputo pensare all’urbanistica nell’ottica della riqualificazione. La riattivazione dell’antico, la necessità di un dialogo con il contesto storico, diventa un’opportunità per i progettisti e per i tecnici di sperimentare soluzioni e tecnologie. Secondo una declinazione concreta della responsabilità sociale dell’impresa, che deve tornare prioritaria in un momento in cui le esigenze della sostenibilità richiedono la capacità di progettare a “cubatura zero”.

Olivetti ha concepito la comunicazione come un momento decisivo del processo di innovazione, interpretato sempre come la produzione di una discontinuità. Non è possibile innovare senza raccontare il mutamento. Olivetti ha assorbito all’interno dell’impresa risorse in grado di allestire una narrazione, di costruire il mondo dell’utopia olivettiana. Scrittori, artisti, architetti, grafici che hanno fatto dell’estetica una funzione strutturale, superando la concezione ornamentale. Il design olivettiano non riguarda soltanto la forma del prodotto: estende l’elemento estetico alla cultura della progettazione, integra nella funzione l’esigenza espressiva. Come ricorda Sottsass, Olivetti chiede ai progettisti la ricerca di forme simboliche, non descrittive. Nel design si incontrano, e trovano forme di conciliazione del loro conflitto permanente, l’aspetto ingegneristico e quello comunicativo dell’impresa. La forma semplifica senza banalizzare, ovvero comunica senza minacciare la funzionalità. 


Olivetti ha intuito la necessità di progettare esperienze, anziché prodotti. Ha capito l’importanza delle interfacce, e della loro tendenza a diventare ergonomiche, intercettando le esigenze degli utenti e contribuendo a individuarli, offrendo a ognuno il segmento di “utilizzabilità” di cui ha bisogno.
Ha capito che proprio attraverso il suo potere individualizzante la tecnologia avrebbe travolto le istituzioni sociali, e la politica stessa. Indicando però anche il luogo e gli strumenti dai quali cominciare la ricostruzione della comunità.

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