Le mie proposizioni chiarificano cosí: colui che mi comprende, le riconosce infine insensate, se è asceso per esse – su esse – oltre esse. Egli deve, per cosí dire, gettar via la scala dopo che v’è salito.
Ludwig Wittgenstein, Tractatus Logico-Philosophicus, § 6.54
Lean è una parola sottile, levigata,
snella. Forse deriva da un verbo (to lean) che nell’inglese antico (siamo nel
1200 circa) suona hleonian
e stava per “piegare, reclinare, coricarsi, giacere”, insomma il “clinare” latino, o inclinare. Ma piú probabilmente l’aggettivo “snello” deriva dalla
radice protoindoeuropea qloinio , cioè
“frammento”, qualcosa di sottile. Da qui ad arrivare al “pensare snello” (lean thinking) dei
giorni nostri, passa molta strada e, anche, molte automobili. In principio fu,
infatti, la lean production,
inventata dai giapponesi negli anni Quaranta, per non sprecare niente
costruendo macchine e riuscire a “fare
di piú con meno”. Ecco profilarsi, sottile, un’intera filosofia di pensiero
(il lean thinking è certamente smart; indifferente al cloud? Molto o poco open?) che genera il lean
management, oppure la lean
construction e le lean factory.
La base di questa “filosofia” è trovare gli
sprechi per riuscire a eliminarli, producendo di piú con un minor consumo
di risorse. I teorici del lean thinking,
del pensare snello, potranno mai arrivare a un autosnellimento tale da consigliare ai propri clienti potenziali la
rinuncia a tutte le strutture di formazione e ai corsi d’aggiornamento sul “lean”
stesso? Un po’ come la scala wittgensteiniana del Tractatus (opera filosofica di solito citata in modo poco lean, cioè in via direttamente
proporzionale all’incomprensione delle proposizioni citate, ma su questo, di
cui non si può parlare, è meglio tacere…) il lean thinking dovrebbe, infine, applicarsi a se stesso.
Appendice
personale. Lean
propone un’assonanza con clean, tale
che quando mi nominano il lean thinking
ci sento l’idea di un clean thinking,
“fare le pulizie”, e poi penso al
metro campione che sta sotto vetro al Museo dei pesi e delle misure di Sèvres a Parigi.
Il costo orario delle pulizie (tra 7 e 10 euro l’ora, in nero) è usato
di frequente, nel linguaggio comune, come nuovo metro di misura per qualsiasi compenso, soprattutto nelle nuove
professioni intellettuali sottopagate (leggi: gratis). Cosí immagino sempre – e
con rispetto – una donna delle pulizie, variamente straniera, con spazzolone, spolverino
e ciabatte, in posa statica sotto una campana di vetro al Museo dei pesi e delle misure che sta a Parigi. Chiunque faccia le
pulizie di casa, cosí come chi scrive, sa di dover adottare il lean thinking, ma senza buttare via la scala che ha appena lucidato.
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