“Rank” è la diciassettesima voce del Dizionario controfattuale dell’innovazione di Matteo Pelliti. Un
glossario incongruo fatto di indagini storico-etimologiche che aprono varchi
nella stolida compattezza delle parole d’ordine della modernità. Un antidoto ai
tic gergali e alle coazioni al nuovo, da somministrare, parafrasando Montale,
agli “innovatori che non si voltano”. Uno stupidario puntuale come il
mercoledí, tutti i mercoledí, in collaborazione con Il Bureau.
Sono primo io e sono l'ultimo
sono
primo io e sono l'ultimo
è un fatto tipico
del gioco ciclico del ritmo mantrico
perciò
parole su parole
su milioni di parole
come cellule si scontrano
si
moltiplicano
conto quanto kunta kinte
e in quanto kunta kinte canto
Il “ranking mondiale” era, un tempo, espressione confinata alle telecronache
televisive di sport minori, piú che minori, se non attigui all’esibizione
circense. Oppure gli sport che, avendo un appeal piú internazionale che
nazionale (il tennis, ad esempio) prediligevano tale parola per indicare il termine
“classifica”. Il concetto di
ranking, da quando esiste il PageRank,
l’algoritmo di Google brevettato nel 2001 da Larry Page per misurare la
“popolarità” di una pagina web, è cambiato – provvisoriamente – per sempre. Rank
deriva da “ranc” (datato 1400) che
deriva a sua volta da “ring”,
anello, circolo. E questo anello (il ranking sociale, il “posto” in classifica,
poiché “rank” è anche per “ceto, classe”) è stato spesso, in effetti, un ring,
cioè scenario di lotte (lotta di classe?).
Oggi il conflitto è spostato, rimosso. PageRank e AuthorRank sono nuovi campi
di lotta, in cui la supremazia si misura,
i link si pesano per numero e per sito di provenienza. Ecco riaffacciarsi un mito tipico dell’innovazione, cosí come
l’abbiamo disegnata lungo questo Dizionario: piú che con la sempre citata
“riproducibilità” di Benjamin, noi ci ritroviamo incessantemente alle prese con
l’idea della “misurabilità”.
L’autorevolezza di un autore in rete è misurabile, il suo posizionamento
all’interno dei risultati di ricerca, e dei contenuti da lui prodotti o a lui
riconducibili, diventa un indice misurabile del suo “esistere”, del consistere sul web. Il concetto di rank,
di ranking, passa liberamente dagli oggetti alle idee, dalle istituzioni agli
Stati. Si misurano le aziende, le nazioni, le loro economie (nella formula del rating mondiale) e, quindi, si misurano le persone, le loro vite.
Volentieri si rinuncia, in tutti i campi, al fascino dell’indeterminatezza in virtú
d’una furiosa ricerca di “ranking”: l’ansia ordinale, classificatoria, invade
ogni elenco dell’innovazione, diventando subito cibo inscatolato dai media, i
quali non mancano mai di segnalarci il
primo, il decimo, il milionesimo, di qualsiasi cosa possa essere enumerata
in forma d’elenco.
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