martedì 2 ottobre 2012

L’utopia necessaria

di Valentina Parasecolo

Questo articolo è stato pubblicato martedí 25 settembre per “Il Messaggero” online.
 
Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1951
Di “smart city” si parla nei bandi europei, nelle agende politiche nazionali, alle riunioni delle pubbliche amministrazioni. Eppure un rapporto realizzato da The European House Ambrosetti spiega che il 78% degli italiani non ne ha mai sentito parlare. Un altro 14 per cento non ne ricorda il significato. Cosa sono dunque le smart cities? E perché sono importanti per il futuro dell’Italia e dell’Europa?
Una città intelligente (smart, appunto) persegue l’efficienza energetica, ha buoni servizi di e-government e comunicazione digitale, è dotata di sistemi di trasporto pubblico e privato innovativi. È un modello di sviluppo urbano che si struttura intorno a criteri tecnologici ed ecologici. Per favorirne la crescita l’Unione europea ha previsto un investimento tra i 10 e i 12 miliardi di euro da qui al 2020. La scelta dei progetti piú meritevoli riguarderà tre direttrici principali: le reti elettriche, i trasporti e l’efficienza energetica nell’edilizia. Oltre all’Europa, anche il governo italiano si sta impegnando nello sviluppo delle città del futuro: le smart city potrebbero rientrare nell’atteso decreto Digitalia, mentre il ministro Profumo ha annunciato bandi per un miliardo di euro.

Ma le città intelligenti non sono solo sostenibili, tecnologiche, interconnesse. Andrea Granelli, consulente nel campo dell’innovazione e autore del libro Città intelligenti? Per una via italiana alle Smart Cities, spiega: “La tecnologia deve essere concepita al servizio di una visione, non come puro fine. Chi è chiamato a ripensare la città deve individuare la vocazione di quel territorio, soprattutto in Italia e in Europa dove l’identità si fonda su secoli di storia e cultura.” Una città dunque che riformula innanzitutto il proprio scopo e la propria economia intorno al sapere di chi la abita e alle caratteristiche del luogo.

Essere “smart” non significa solo fare come Firenze, in cui è possibile acquistare il biglietto dell’autobus attraverso un sms. Secondo Granelli è intelligente un esempio come quello di Perugia, inserita nel ranking di European Smart Cities (un progetto che coinvolge le Università di Vienna, Delft e Lubiana): “Il capoluogo umbro ha investito molto in mobilità, costruendo scale mobili e un innovativo sistema di trasporto automatico su rotaia. Sono scelte coraggiose, astute, che vogliono dare slancio alla vocazione turistica del centro.

Insomma, l’intelligenza delle città non è meramente “artificiale”, ma sostanzialmente umana in quanto dipenderebbe da scelte politiche intorno alla predisposizione di un luogo. Lo studio Ambrosetti spiega che se le metropoli intelligenti fossero realtà potrebbero generare fino a 160 miliardi di euro annui sotto forma di recuperi di efficienza in settori come la mobilità, l’edilizia e l’energia. Rendere possibile la loro realizzazione significherebbe dunque risparmiare. Ma anche rilanciare i punti di forza di un territorio, dai centri storici alla forza creativa di chi lo abita.

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