L’insieme di pratiche, tecnologie e applicazioni
che definiscono il fenomeno delle Smart Cities nasce in contesti aziendali e
produttivi. Ha la sua origine nel lavoro di multinazionali del digitale come Ibm e Cisco, e si colloca
all’interno di precisi orizzonti di business inscritti nel panorama delle Information and Communication Technologies.
Le strategie di comunicazione di queste aziende hanno
sviluppato una visione di città ideale fortemente automatizzata, sulla quale
hanno costruito un’offerta di prodotti e
servizi.
Destinatari naturali di questa
offerta sono state le istituzioni,
che dapprima hanno assorbito all’interno delle pratiche amministrative i
“segmenti di intelligenza” messi a disposizione dalle aziende, e ora stanno
tentando di collocare la propria funzione su un livello superiore, integrando
gli interventi e assumendo il controllo
della progettazione e della pianificazione. Come racconta Andrea Granelli
su Wired la Comunità Europea ha introdotto il potenziamento delle
infrastrutture immateriali delle città all’interno dei suoi assetti prioritari di sviluppo. E alcune
città italiane cominciano a recepire queste direttive, sollecitate anche dalle
opportunità offerte dai bandi europei.
Milano, Torino, Bari, Genova
hanno innestato nel proprio tessuto urbano, in relazione a problemi specifici, sistemi di gestione “intelligente” dei
servizi: dall’efficienza energetica alla gestione dell’acqua e dei rifiuti,
dall’istallazione della rete a banda larga a sistemi innovativi di
illuminazione.
Soluzioni utili ed efficaci che,
tuttavia, confermano il rischio di uno schiacciamento della progettazione su
una prospettiva “tecnica”, applicata
prevalentemente alle questioni energetiche. Che restano fondamentali ma vanno
affrontate all’interno di una visione complessiva e integrata, ispirata dalle specificità architettoniche, culturali e
paesaggistiche delle città italiane. Indicazioni importanti in questa
direzione arrivano anche dall’Anci, che ha definito un “Progetto Paese per le città ad alto potenziale di innovazione” ).
Un programma che rappresenta una vera e propria strategia di traduzione delle tendenze smart nella progettazione di “città d’ingegno” in grado, scrive Granelli, di “assicurare
non solo che l’intelligenza si sposti dalla tecnologia alla città, ai suoi
luoghi, ai suoi processi, alle sue infrastrutture – ma che si prenda cura
(senza spettacolarizzazioni eccessive e artificiose) anche del cuore antico
delle città (il centro storico), senza però musealizzarlo o mummificarlo ma
vivificandolo e innestandolo nei percorsi e nelle funzionalità richieste dalla
modernità.”
Nessun commento:
Posta un commento